Le infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (IOS), chiamate anche infezioni nosocomiali, sono una causa determinante di mortalità e morbilità dei pazienti e si contraggono in seguito ad una reazione avversa, dovuta alla presenza di agenti infettivi, che si manifesta solitamente dopo 48 ore dall’ammissione.

Le IOS sono presenti sia nei paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo e nel mondo, ogni giorno, colpiscono 1,4 milioni di pazienti.

Ma quali sono i fattori di rischio? I pazienti ricoverati in strutture hanno solitamente scarse condizioni di salute con ridotte difese contro i batteri o altri agenti infettivi. L’età avanzata, prematura o
l’immunodeficienza (dovuta a farmaci, malattie o radiazioni), rappresentano un rischio generale, ma esistono malattie più specifiche che espongono il paziente ad un alto pericolo.

Parliamo di malattie polmonari croniche ostruttive, che aumento la possibilità di infezioni nel tratto respiratorio, di tumori maligni, di gravi ustioni, malattie cutanee, stati di coma, diabete mellito, malattie broncopolmonari, insufficienza cardio-circolatoria, ferite aperte e di traumi.

Anche i fattori ambientali sono determinanti. Operatori sanitari, degenti, strumenti medici, superfici ambientali, igiene, possono rendere i pazienti vulnerabili alle infezioni.

Nel 2003 i decessi da infezioni in Italia ammontavano a 18.668, i dati aggiornati al 2016 superano quel numero in modo preoccupante: 49.301. Rispetto al resto d’Europa, l’Italia raggiunge con questo dato il 30% di morti per infezioni nosocomiali.

Si stima che nel 2050 le IOS causeranno circa 10 milioni di morti all’anno, superando quelle per tumore. Rappresentano la prima causa di decessi nel mondo e prevenirle è tra gli obiettivi principali dell’organizzazione Mondiale della Sanità. Purtroppo, però, gli sforzi non bastano ad ostacolare e bloccare il diffondersi di queste brutali infezioni, soprattutto per quelle resistenti agli antibiotici, che continuano imperterrite ad evolversi e a moltiplicarsi.