Le analisi degli anni scorsi relative ai livelli essenziali della sanità in Italia mostrano una situazione abbastanza preoccupante per il territorio. Hanno destato non poco clamore i dati della Fondazione GIMBE relativi ai Livelli Essenziali di Assistenza che hanno mostrato come, il Paese, sia fattivamente diviso in due in termini di efficacia medica. Ancora una volta, il nord surclassa il sud che, in quanto a sanità, continua a barcamenarsi con grande difficoltà.

Stando alle statistiche, il 26.3% delle risorse assegnate negli anni dallo Stato alle Regioni per garantire le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale dà gratuitamente o dietro corrispettivo di un ticket, sarebbero finite nel vuoto, non contribuendo ad alcun servizio. Insomma, le fonti pre-pandemia attestano che un quarto dei finanziamenti trasferiti alle Regioni per l’assistenza sanitaria sarebbe svanito, senza portare i risultati sperati sul fronte dell’assistenza e della salute.

L’andamento delle Regioni nel dettaglio

Gli studi sono stati condotti attraverso l’analisi dei 10 monitoraggi annuali che il Ministero della Salute ha pubblicato dal 2008 al 2017, da cui sono stati esclusi 2008 e 2009 a causa della complessità delle dinamiche che li caratterizzano e, per i quali, vengono a tutt’oggi studiati. I risultati della valutazione si estendono, dunque, per otto anni, per i quali ciascuna regione sarebbe stata valutata attraverso un punteggio che arriva fino ad un totale di 1.800.

Stando alle statistiche, la prima regione in termini di efficienza delle prestazioni ed erogazione di esse è l’Emilia-Romagna, con un ottimo 92.5%. Alla fine della classifica, invece, spicca la Campania con solo il 53.9%. La regione emiliana si pone in testa alla classifica nazionale in termini di risposta ai bisogni di salute della popolazione. Stando ai dati forniti, infatti, il territorio si contraddistingue per l’organizzazione del settore prevenzioni, per la gestione dei pazienti in età avanzata e per l’offerta terapeutica all’avanguardia.

Non solo, prescrizioni appropriate, tempi d’attesa per le operazioni chirurgiche e ricoveri sono ulteriori punti di forza del settore sanitario emiliano. Immediatamente dietro l’Emilia-Romagna, figurano la Toscana, il Piemonte, il Veneto e la Lombardia. Prima della Campania ci sono, invece, PA di Bolzano, Sardegna, Calabria e Valle d’Aosta.

Una situazione, insomma, che non ha potuto fare altro che allarmare Istituzioni e cittadini, specie tra gli abitanti delle regioni più a rischio. Le dinamiche messe in risalto in territori come quelli della Campania, Valle d’Aosta, Calabria, Sardegna e della Provincia Autonoma di Bolzano, tutt’oggi attuali, infatti, hanno evidenziato non poche falle e criticità nel sistema della prevenzione, sia dal punto di vista distrettuale, riguardante l’assistenza residenziale agni anziani e le strutture per disabili che per le aree di prevenzione, quindi screening e coperture vaccinali.

La Calabria e la Campania, inoltre, sono entrambe sottoposte a regime commissariale, riportando, dunque, una situazione diversa dal resto d’Italia. Se la Calabria, però, ha registrato un punteggio inferiore rispetto alle scorse rilevazioni, la Campania ha mostrato un lieve miglioramento, seppur non ancora accettabile.

Le nuove misure di garanzia

Dal 2020, comunque, è scattato un nuovo sistema di garanzia, in grado di documentare per filo e per segno gli adempimenti regionali, rendendo possibile per il Ministero l’effettuazione di “interventi chirurgici” per singole strutture. In questo modo, si eviteranno paralisi indesiderate relative allo strumento di commissariamento regionale: uno dei principali ostacoli riscontrati dal sistema di monitoraggio a cui le indagini precedentemente citate hanno fatto riferimento.

Tra gli ostacoli della pandemia ed i tragici flagelli che essa ha portato con sé, è chiaro che una misura di salvaguardia dei pazienti debba essere una delle prerogative nell’agenda dello Stato. Per l’attuale Ministro della Salute, comunque, l’articolo 32 della Costituzione Italiana rimane il baluardo della sua politica. In ogni caso, qualora mancasse la collaborazione attiva tra il Governo e le Regioni, sistemare la divisiva situazione in cui l’intero Paese verte potrebbe rivelarsi, sostanzialmente, impossibile.

I recenti fatti di cronaca e le ultime indagini non promettevano bene, ma il futuro rimane fiducioso. Gli asset politici attuali, però, spostano la questione sanitaria leggermente in secondo piano, lasciando presagire che un cambiamento fattivo a partire dalle sue fondamenta sia possibile soltanto sul lungo periodo. Quel che è certo è che, dopo aver fatto fronte ad una pandemia mondiale, il settore medico italiano sia uscito diverso, magari fortificato sotto alcuni aspetti, ma notevolmente indebolito sotto altri, data la capacità dell’emergenza sanitaria di mettere in risalto le innumerevoli falle di cui esso soffre in larga scala, a prescindere dalla Regione di riferimento.

Nel corso degli anni più duri di pandemia, infatti, la congestione delle terapie intensive e l’organizzazione improvvisata di molte strutture, specie nei primi tempi, ha notevolmente leso alle performance dei servizi medici, particolarmente provata da una circostanza inaspettata e dai tratti assolutamente catastrofici. Quel che si evince dai dati sopracitati, comunque, è quanto l’Italia abbia bisogno di una misura concreta per sistemare le lacune del sistema sanitario, assicurando servizi funzionali ed efficaci a tutti i cittadini.